La chirurgia vitreoretinica sta sperimentando un cambiamento progressivo, passando da strumenti di calibro maggiore a quelli di calibro più piccolo, e contemporaneamente beneficiando di materiali sempre più durevoli. Ciò che prima era considerato irrealizzabile, ora è realizzabile grazie alle ultime tecnologie.
Robert Machemer, il pioniere recentemente defunto della vitrectomia pars plana, sviluppò un vitrectomo inseribile attraverso la pars plana con infusione, taglio e aspirazione integrati (VISC) negli anni ’70.
Il dispositivo aveva un calibro di 17 gauge, equivalente a un’incisione nella sclera di 2,3 mm. Successivamente, nel 1974, O’Malley e Heintz hanno ridotto il calibro a 20 gauge (0,9 mm), separando il sistema di infusione da quello di taglio. La vitrectomia pars plana 20 gauge è ancora utilizzata da molti chirurghi vitreoretinici in tutto il mondo.
Durante i 25 anni successivi, la ricerca si è concentrata sullo sviluppo e il miglioramento di strumenti intraoculari come pinze, forbici, pick, sonde endolaser e sostanze tampone (gas e oli di silicone). Questi progressi hanno consentito ai chirurghi di trattare patologie precedentemente intrattabili, come il distacco della retina trazionale in occhi con retinopatia diabetica proliferante.
Dopo questo periodo di significativi avanzamenti, l’attenzione si è rivolta verso lo sviluppo di sistemi chirurgici minimamente invasivi. Già nel 1990, De Juan aveva sviluppato un vitrectomo da 25 gauge (0,5 mm) utilizzato principalmente nella chirurgia pediatrica.
Solo in seguito, nel 2002, Fujii, de Juan e colleghi hanno introdotto il sistema di vitrectomia da 25 gauge con cannule, infusione e illuminazione, con l’obiettivo di sostituire completamente il calibro 20. Questo è un passaggio cruciale per questa chirurgia, paragonabile alla transizione avvenuta nella chirurgia della cataratta, dall’estrazione extracapsulare (ECCE) alla Facoemulsificazione (FACO).
La peculiarità del sistema 25g è il calibro degli strumenti pari a 0,54 mm e il sistema di fluidica e cannule per l’accesso degli strumenti, che permettono di mantenere un sistema “chiuso” durante la vitrectomia, con minime variazioni della pressione oculare. Le dimensioni ridotte degli strumenti consentono inoltre una chirurgia senza sutura, aumentando il comfort del paziente e minimizzando o eliminando l’astigmatismo post-chirurgico.