Avanzamenti nella Vitrectomia: Benefici
L’evoluzione delle tecniche chirurgiche nel campo oftalmico ha segnato un importante passo in avanti verso interventi meno invasivi, garantendo una convalescenza più breve e assenza di dolore. Esploriamo insieme i progressi raggiunti con una delle tecniche all’avanguardia per il trattamento delle malattie della macula.
La vitrectomia rappresenta uno dei più recenti progressi in tale ambito. Questa procedura chirurgica mira alla rimozione del corpo vitreo, spesso necessaria in caso di maculopatia o di distacco retinico.
“Una significativa innovazione è rappresentata dall’introduzione di aghi di diametro inferiore, recentemente resi disponibili nel nostro paese. Parliamo di strumenti da 27 gauge, ovvero 0,4 millimetri,” spiega Alberto Bellone, rinomato specialista in chirurgia refrattiva e microchirurgia oculare. “Prima eravamo limitati a strumenti da 25g, equivalenti a 0,5 mm. Questo apparentemente lieve cambiamento ha un impatto profondo sulla microchirurgia, offrendo benefici significativi ai pazienti in termini di risultati e tempi di recupero.”
“Il corpo vitreo, una sostanza gelatinosa e trasparente che riempie l’occhio, è composto principalmente da acqua, collagene e acido ialuronico. La sua adesione in diversi punti alla retina richiede un’operazione chirurgica di precisione per prevenire danni,” afferma Bellone.
Dettagli sull’Intervento di Vitrectomia
“La vitrectomia risulta efficace in casi dove il vitreo perde trasparenza, ad esempio a causa di emorragie o infezioni, o quando contribuisce allo sviluppo di patologie retiniche come il distacco, la retinopatia diabetica, il foro maculare, o il pucker maculare,” illustra lo specialista. “La tecnica a 27g si adatta alla maggior parte degli interventi, sebbene non sia universale. Tra le principali applicazioni figura il trattamento della membrana epiretinica o della maculopatia a cellophane.”
Questa metodica è valida anche per trattare lesioni oculari penetranti, con o senza presenza di corpi estranei, o complicazioni derivanti da altre chirurgie oculari, come la lussazione del nucleo in camera vitrea successiva a rottura capsulare in un intervento di cataratta.
Metodologia della Vitrectomia
“Quando la vitrectomia fu introdotta negli anni ’70, gli strumenti erano da 17g. Circa vent’anni fa, usavamo strumenti di 1 millimetro di diametro. Ora, grazie a passaggi intermedi con strumenti da 20 e 23g, abbiamo notevolmente ridotto questa dimensione,” racconta Bellone.
La procedura prevede la realizzazione di piccoli fori nell’occhio, attraverso i quali vengono inserite microsonde per operare sul corpo vitreo e sulla retina. Il diametro di queste microsonde è determinante per la minimizzazione dell’invasività chirurgica: minori sono le dimensioni, migliori saranno i risultati e il recupero postoperatorio.
“Con un diametro di solo 0,4 mm, creiamo delle ‘mini-aperture’ che non richiedono sutura perché si auto-chiudono, evitando perdite di liquido postoperatorie e complicazioni. L’intervento, che dura solo 15-20 minuti, consente un recupero funzionale quasi immediato, entro 24 ore, senza dolore e, in casi selezionati, anche senza necessità di anestesia,” conclude Bellone.